Blog

Vedi tutti gli articoli

Ristrutturazione dei debiti col Codice della crisi (12 vie)

Tabella dei Contenuti

1 – La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa

Applicabile a qualsiasi impresa (anche agricola), è particolarmente indicata per tutti quei casi in cui l’azienda sta vivendo una temporanea situazione di difficoltà, e ha buone chances di ripresa.

E’ imperniata su trattative stragiudiziale coi creditori, da attuarsi con l’ausilio di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio territorialmente competente.

Ampiamente promossa e sponsorizzata a livello mediatico, la composizione negoziata è stata un vero e proprio “topolino” a livello pratico: poche istanze presentate, la maggior parte delle quali poi archiviate.

Ad un anno dalla sua introduzione, il suo utilizzo era quindi pressochè inesistente, tuttavia negli ultimi mesi si è notato un certo aumento delle pratiche.

Concettualmente è un ottima procedura stragiudiziale, in quanto favorisce le trattative coi creditori “sgravando” la lenta macchina burocratica dei Tribunali.

A livello pratico ha ancora “il freno a mano tirato”, e dunque va corretta. I due aspetti su cui intervenire sono:

  • Snellire la complessa mole di documenti necessari per accedere alla composizione negoziata (cosa su cui il Legislatore è intervenuto prevedendo meccanismi di provvisoria autocertificazione dei debiti erariali);
  • Introdurre un meccanismo di transazione fiscale, ovvero di saldo e stralcio dei debiti con Agenzia Entrate e INPS (per ora esiste solo la possibilità di richiedere una maxi-dilazione).

La composizione negoziata è regolata dagli art. 12 e seguenti del Codice della crisi.

2 – La convenzione di moratoria

Disciplinata da un solo articolo del Codice della Crisi (art 62), è particolarmente indicata per tutti gli imprenditori in tensione finanziaria che vogliono semplicemente allungare le scadenze e dilazionare i debiti.

Storicamente è sempre stata poco utilizzata e ha sempre rappresentato una sorta di “fantasmino” nell’ecosistema delle procedure di risanamento.

Tuttavia, la convenzione di moratoria è destinata ad essere molto più utilizzata nell’immediato futuro, per due ragioni:

  • È stata estesa a qualsiasi tipo di debito (prima era attuabile solamente per i debiti bancari);
  • È stata prevista quale sbocco naturale della procedura di composizione negoziata, con la conseguenza che a poterla attuare sarà qualsiasi tipo di impresa (anche agricola) a prescindere dalla dimensione.

La convenzione di moratoria ha ovviamente il “difetto” di non consentire alcuno stralcio debitorio, ma semplicemente una dilazione del debito residuo.

3 – Il piano attestato di risanamento

Regolato dall’art 56 del Codice della crisi, è adatto a tutti quegli imprenditori che hanno bisogno di nuovo credito bancario per attuare un piano di rilancio della propria gestione aziendale, e per chiudere i “vecchi” debiti.

Il piano attestato di risanamento ha il vantaggio di essere uno strumento al 100% stragiudiziale, quindi totalmente gestibile al di fuori del Tribunale.

Lo strumento è molto gradito (spesso “imposto”) dagli istituti di credito, in quanto li protegge dal rischio di una successiva azione revocatoria (la norma lo prevede espressamente).

Un altro forte vantaggio offerto dal Codice della Crisi è che il piano attestato di risanamento possa essere uno dei naturali sbocchi della composizione negoziata.

In tal caso scatta una enorme agevolazione, cioè che l’imprenditore non avrà bisogno di fare redigere l’attestazione del piano, e questo significa risparmiare decine (in alcuni casi centinaia) di migliaia di euro.

Tuttavia, il piano attestato di risanamento ha anche un grosso difetto, cioè che spesso viene male interpretato e scorrettamente utilizzato dall’imprenditore, senza alcuna cautela.

L’imprenditore infatti spesso cade nella tentazione di usarlo solamente per farsi erogare nuovo credito senza che vi sia dietro un efficace piano di rilancio aziendale.

La conseguenza di ciò è che la nuova finanza erogata dalle banche viene puntualmente “bruciata” in poco tempo dalla gestione deficitaria dell’azienda.

L’imprenditore si ritrova quindi con lo stesso problema che aveva in partenza, ma con molti più debiti, e con il rischio che gli vengano pure contestata una responsabilità per utilizzo indebito di questo strumento.

E’ bene quindi approcciarsi al piano attestato di risanamento avendo prima attuato una efficace (e soprattutto veritiera) proiezione di costi e ricavi futuri, con un business plan serio e dettagliato.

4 – Gli accordi di ristrutturazione dei debiti

Tra i protagonisti indiscussi nel Codice della Crisi, gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono lo strumento ideale per l’impresa i cui debiti sono concentrati numericamente su pochi soggetti.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti possono essere:

  • Ordinari (art 57 ccii) quando prevedono il raggiungimento di accordi con creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti;
  • Agevolati (art 60 ccii) quando la suddetta percentuale è ridotta al 30% (affinchè ciò avvenga, è necessario non richiedere misure protettive e prevedere l’integrale pagamento immediato dei creditori estranei agli accordi);
  • Ad efficacia estesa (art 61 ccii) quando i creditori vengono raggruppati in categorie omogenee (ad esempio fornitori, banche, enti, etc…) e all’interno di ogni categoria sono raggiunti accordi con creditori rappresentanti almeno il 75% dei crediti, nel qual caso il restante 25% è costretto ad accettare tali accordi;

Si tratta di procedure in cui l’intervento del Tribunale è leggero e marginale, il che li pone a metà strada tra l’ambito giudiziale e stragiudiziale.

Altro grande vantaggio degli accordi di ristrutturazione dei debiti è quello di potere prevedere la transazione fiscale e quindi il possibile “cram down” dei debiti fiscali e contributivi qualora il Fisco o l’INPS abbiano atteggiamenti inerti o ostruzionistici.

5 – La transazione fiscale e il cram down

Si tratta dello strumento “principe” qualora un imprenditore abbia consistenti debiti di natura fiscale o contributiva, o entrambe.

Può essere utilizzato nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Da strumento poco utilizzato quale era, la transazione fiscale con il Codice della Crisi è stata la testa d’ariete di una rivoluzione ideologica e normativa senza precedenti.

Tale rivoluzione porta il nome inglese di cram down e significa la possibilità di imporre a Fisco e INPS proposte di saldo e stralcio, dilazione, o entrambi, anche senza il loro consenso, ma tramite l’intervento del Giudice.

Si tratta di un punto di svolta epocale, in quanto siamo sempre stati abituati ad un sistema normativo in cui questi enti avevano una forte voce in capitolo.

Con il loro “sì” o “no” erano dunque in grado di influenzare fortemente l’esito di un piano di ristrutturazione dei debiti, che dunque dipendeva da loro.

Purtroppo si tratta anche di enti che hanno grosse inefficienze e forti ritardi: a causa di questo spesso si pronunciavano sui piani senza neppure averli valutati con cura, oppure non si pronunciavano proprio.

Questo avevo causato un blocco burocratico che ormai il Paese non poteva più permettersi di sostenere, e che – come detto – è stato risolto introducendo il cram down fiscale e contributivo.

Tale procedura è utilizzabile nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nelle procedure di sovraindebitamento.

Come detto, consiste nella facoltà del Giudice di procedere all’omologa anche in presenza di voto contrario (o non voto) da parte di Fisco e INPS, qualora sia dimostrato che la proposta è più conveniente rispetto allo scenario liquidatorio.

In altre parole, in presenza della suddetta condizione, il Giudice può imporre forzosamente a tali enti il concordato o l’accordo.

E le “randellate” al Fisco e all’INPS non finiscono qui. Il nuovo Codice chiarisce definitivamente che negli accordi di ristrutturazione dei debiti non c’è il divieto di trattamento deteriore di Fisco e INPS rispetto a creditori di rango inferiore (divieto che invece vige nel concordato preventivo).

Il nuovo Codice chiarisce questo non prevedendo – negli accordi di ristrutturazione dei debiti – alcun rimando al concordato preventivo.

Il chiarimento era necessario, considerata l’impostazione particolarmente rigida (e a tratti fantasiosa) di Agenzia Entrate secondo cui il divieto di trattamento deteriore sarebbe esistito anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

L’impostazione era fantasiosa in quanto negli accordi di ristrutturazione dei debiti:

  • non vi è alcun obbligo di rispettare le cause legittime di prelazione;
  • non vi è alcun obbligo di includere tutti i creditori, bensì la facoltà di escluderne quanti ne si vuole, e prevederne il pagamento integrale.

Quindi il Fisco – sostenendo che il divieto non può essere deteriore rispetto a creditori di rango inferiore (magari esclusi dagli accordi dunque da pagare al 100%) – stava di fatto imponendo di essere pagato al 100%.

6 – Il concordato preventivo in continuità

E’ uno strumento giudiziale adeguato per definire grosse quantità di debiti, preferibilmente suddivise in un grande numero di creditori.

Ha il pregio di essere uno strumento molto tutelante, in quanto si svolge sotto la protezione del Tribunale, e prevede precisi steps e scadenze per arrivare all’omologa.

Ha il difetto di essere uno strumento piuttosto invasivo in quanto la gestione aziendale viene svolta sotto il controllo di un commissario giudiziale nominato dal Tribunale.

Altro difetto è che si tratta di uno strumento alquanto oneroso per l’imprenditore, in quanto prevede il coinvolgimento (obbligatorio per legge) di svariate figure professionali.

Il codice della crisi ha modificato la normativa sul concordato preventivo incentivando in ogni modo i piani in continuità aziendale e scoraggiando fortemente i piani di tipo liquidatorio.

Il concordato preventivo in continuità viene quindi messo al centro dell’attenzione e favorito, a volte con delle vere e proprie forzature rispetto alle impostazioni giurisprudenziali precedenti.

Ad esempio, il concetto di continuità diventa più esteso, e dunque sussiste anche in caso di affitto d’azienda (argomento su cui i Tribunali italiani sono stati sempre alquanto divisi).

Un altro esempio è la norma per cui – nell’ambito dell’attivo concordatario – la parte derivante dai flussi della continuità può essere destinata ai creditori anche senza rispettare l’ordine dei privilegi.

Terzo esempio è il fatto che non sia più rilevante – ai fini della classificazione del concordato come “in continuità” – la parte di attivo realizzata dalla liquidazione di assets e quella derivante dai flussi della continuità.

L’impostazione del nuovo Codice dà invece risalto ad altri parametri (come mantenere l’impiego di certe quantità di forza lavoro) per essere classificati come “concordati in continuità”.

7 – Il concordato preventivo liquidatorio

Il concordato preventivo liquidatorio è stato decisamente mortificato dal Codice della crisi e reso molto più oneroso per l’imprenditore rispetto al passato.

E’ stata imposta una soglia minima di pagamento ai creditori, ed è stato previsto l’obbligatorio apporto di finanza esterna che aumenti in misura considerevole la soddisfazione dei creditori.

8 – Il concordato semplificato

Costituisce uno dei possibili sbocchi della procedura di composizione negoziata, in quanto vi si può accedere solamente in caso di trattative aperte ma non andate a buon fine.

L’aspetto curioso del concordato semplificato è che non si concorda alcunchè coi creditori: possiamo dunque pacificamente affermare che di concordato ha solo il nome.

Come detto, è utilizzabile solamente a seguito di una procedura di composizione negoziata aperta ma conclusasi poi negativamente per mancato raggiungimento di accordi.

Il concordato semplificato non prevede alcun pagamento minimo ai creditori, né alcuna votazione da parte degli stessi: tutto è rimesso alla valutazione del Tribunale.

Non si comprende quindi come mai il Legislatore abbia voluto usare il nome “concordato”, atteso che – come detto – i creditori non sono minimamente interpellati, e subiscono passivamente la proposta a saldo e stralcio.

9 – Il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione

La creatività del nostro Legislatore fa “atterrare” nel nostro ordinamento uno strumento assolutamente nuovo, chiamato piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, detto anche P.R.O.

Si tratta di una procedura simile al concordato preventivo ma con una grossa novità, ovvero che l’attivo può essere distribuito anche senza rispettare le cause legittime di prelazione.

Tuttavia, ha il grosso difetto che non prevede alcuna forma di transazione fiscale, cosa che potrebbe disincentivarne l’utilizzo.

Altro difetto è che – per andare a buon fine – è necessario che i creditori siano raggruppati in classi e che ciascuna classe voti favorevolmente, dunque che vi sia l’unanimità delle classi.

Il problema non è di poco conto, atteso che – statisticamente – è molto difficile ottenere il voto favorevole della classe “erario” quando se ne prevede il pagamento in misura parziale.

La norma inoltre non vieta che il P.R.O. possa essere anche di natura liquidatoria, il che potrebbe renderlo sicuramente più attraente rispetto ad un concordato preventivo liquidatorio.

10 – La ristrutturazione dei debiti del consumatore

La ristrutturazione dei debiti del consumatore è regolata dagli articoli 67 e seguenti del Codice della Crisi.

Rappresenta lo strumento ideale per risolvere crisi debitorie di privati consumatori e famiglie (anche derivanti da ex attività imprenditoriali degli anni passati).

Prima del codice della crisi questa procedura era contenuta nella Legge 3/2012 e portava il nome di piano del consumatore.

Già dal dicembre 2020 questo strumento è stato oggetto di ripetute modifiche volte a renderlo molto più accessibile, in particolare prevedendo la possibilità di mantenere la prima casa con il relativo mutuo.

Altre agevolazioni sono state introdotte con riferimento al contenuto della relazione particolareggiata dell’OCC, meno stringente rispetto a prima.

Infine è stato prevista la possibilità di “neutralizzare” contratti di cessione del quinto in corso, ponendo così fine ad una lunga diatriba giurisprudenziale (da cui le società di credito al consumo ne escono con le ossa rotte).

11 – Il concordato minore

È regolato dagli articoli 74 e seguenti del codice della crisi e costituisce un’ottimo strumento di ristrutturazione dei debiti per:

  • imprenditori minori (cioè coloro che negli ultimi 3 anni non hanno avuto ricavi superiori a 200mila euro, attivo superiore a 300mila euro, e debiti superiori a 500mila euro);
  • aziende agricole;
  • professionisti;

Per tali categorie di debitori il concordato minore è l’unica strada percorribile in quanto – per legge – non possono accedere a procedure come concordato preventivo, P.R.O., accordi di ristrutturazione dei debiti.

Prima dell’introduzione del codice della crisi questa procedura era contenuta nella Legge 3/2012 e portava il nome di accordo coi creditori.

Anche questo strumento è stato “potenziato” già a decorrere dal 2020, con numerose agevolazioni volte a favorire uno stralcio debitorio concordato coi creditori.

12 – La liquidazione controllata

E’ la procedura di sovraindebitamento più utilizzata, ha natura liquidatoria, ed è regolata dagli articoli 268 e seguenti del Codice della crisi.

Prima dell’avvento del codice della crisi era inserita all’interno della Legge 3/2012 e portava il nome di liquidazione del patrimonio.

La liquidazione controllata è lo strumento più consigliato per chi ha come priorità l’esdebitazione (anche a costo di chiudere la propria attività o affittarla a terzi).

Infatti il Codice della crisi ha introdotto meccanismi più veloci e più agevoli per raggiungere tale obiettivo: l’esempio più lampante è l’esdebitazione di diritto, che si può ottenere dopo tre anni dall’inizio della procedura.

Prevenzione, continuità, negoziazione: le 3 parole d’ordine nel Codice della Crisi

Tirando le somme, possiamo dire che tre sono i principali aspetti su cui il Legislatore è stato focalizzato (anche se sarebbe più corretto dire “ossessionato”) quando ha scritto questo Codice della Crisi.

Il primo aspetto è la prevenzione, allo scopo di evitare che le aziende si pongano il problema dello stato di crisi quando sono già cotte decotte e stracotte.

Lo vediamo, ad esempio, dall’introduzione della normativa sugli adeguati assetti organizzativi, obbligatori per qualsiasi azienda, a prescindere dalla dimensione, e dunque implementati in modi diversi.

Gli adeguati assetti rappresentano una piccola rivoluzione a cui tutte le imprese dovranno, con modalità diverse, adeguarsi.

Per il piccolo artigiano sarà un software tenuto dal commercialista, che avrà cura di comunicare all’artigiano quando i numeri cominciano a “non andare più bene”.

Per la grande azienda sarà uno staff di ragionieri, che avranno il compito di manovrare e monitorare un complesso sistema interno di controllo personalizzato.

Per l’immenso ecosistema di PMI l’approccio sarà un mix tra le due cose, ma il concetto di fondo non cambia.

Il secondo aspetto su cui il Legislatore ha puntato è la continuità aziendale, in quanto il nuovo Codice della Crisi – come abbiamo visto – scoraggia il concordato preventivo liquidatorio.

Il terzo aspetto è la negoziazione, che caratterizza un gran numero di procedure previste dal Codice della Crisi, dando quindi maggiore importanza all’interlocuzione coi creditori.

Dopo anni di guazzabuglio … finalmente un unico Codice della crisi

Guardandosi indietro, è interessante notare come il nuovo codice sia diventato pienamente operativo dal 15 Luglio 2022, dopo un percorso estremamente caotico e frammentato.

L’ambizioso obiettivo di questo Codice era infatti costituire un’unica fonte per chiunque volesse attuare una ristrutturazione dei debiti e porre fine alla propria situazione di crisi.

Si è dunque iniziato con le modifiche al Codice Civile nel Marzo 2019 (come ad esempio la norma sugli adeguati assetti organizzativi).

Dopo la fase di stallo del COVID, alcune parti del Codice sono state abbandonate in quanto ritenute non più idonee, come ad esempio quelle sui segnali di allerta.

Nel dicembre 2020 alcune parti del Codice della Crisi sono entrate in vigore per fare fronte all’emergenza crisi post COVID (come ad esempio quelle sulle procedure di sovraindebitamento).

Infine ci sono state alcuni strumenti “nuovi”, entrati però in vigore anch’essi in maniera non uniforme, e in periodi diversi.

Ad esempio la composizione negoziata, che è stata introdotta nell’agosto 2021 e divenuta operativa a novembre 2021.

E il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, introdotto a luglio 2022 con la piena operatività del Codice della Crisi.

Insomma, un vero e proprio guazzabuglio normativo, alla fine del quale – vivaddio – siamo arrivati ad avere una unica fonte a cui attingere per risolvere situazioni debitorie.

Questo Codice farà bene o male al nostro Paese ?

Con questo Codice il Legislatore ha voluto decisamente tendere una mano di aiuto a qualsiasi impresa si trovi in stato di difficoltà e voglia scongiurare il pericolo di abbassare la saracinesca.

In alcuni casi questa mano di aiuto è sfociata in una gigantesca e (non troppo occulta) sanatoria, come è avvenuto nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento.

Tale impianto – fortemente sbilanciato a favore del debitore – è probabilmente giusto sotto il profilo sociale (soprattutto alla luce di COVID e conflitto Russo-Ucraino).

Tuttavia, questo sbracamento normativo rischia di “diseducare” aziende e cittadini, facendo passare il seguente messaggio: “fare debiti non è poi così grave … perché un rimedio lo si trova sempre”.

Per noi tecnici è difficile dare un giudizio, poiché guardiamo le cose con deformazione professionale: lasciamo dunque il giudizio finale alle aziende che utilizzeranno questi strumenti.

Senza però scordarsi che il mondo non si divide in aziende debitrici e aziende creditrici: ciascun imprenditore spesso veste entrambe le giacche.

E per ogni azienda che gioisce dopo un debito stralciato, c’è n’è un’altra (spesso uguale) che soffre per un credito non incassato.

Alla fine … Chi pagherà tutto questo ?

10 giugno 2023

Vedi tutti gli articoli