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Negoziare coi creditori per risanare un’azienda: ecco 6 diverse opzioni

Partiamo dalla strada maestra, o quantomeno quella più innovativa. La composizione negoziata della crisi d’impresa, ora innestata nel nuovo Codice della crisi, è un percorso che può essere intrapreso dall’imprenditore commerciale o agricolo di qualsiasi dimensione in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, ma solo se risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. La procedura prevede la presenza di un esperto “negoziatore” con il compito di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, allo scopo di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di probabile crisi o insolvenza anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa.

L’interlocuzione con i creditori può sfociare in tre tipologie di soluzioni, tra loro alternative.

In primo luogo, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio, le parti possono adottare una delle nuove opzioni di natura “consensuale” finalizzate alla continuità aziendale, ovvero concludere:

a) un contratto, con uno o più creditori, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni e, dunque, funzionale unicamente a superare le difficoltà connesse ad una crisi temporanea;

b) una convenzione di moratoria efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, a condizione che gli aderenti costituiscano almeno il 75% di tutti gli appartenenti alla stessa;

c) un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto (una sorta di rivisitazione del piano attestato, benché qui non sia richiesta l’attestazione del professionista qualificato) che produce l’esenzione dalla revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in esecuzione dello stesso.

Se le trattative non conducono a nessuna delle suddette soluzioni, l’imprenditore può, in alternativa, fare ricorso a uno degli strumenti di gestione negoziale della crisi, compresi quelli che non comportano obbligatoriamente un accordo con i creditori e dunque:

d) un piano attestato di risanamento;

e) un accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in una delle varie, e in parte nuove, declinazioni previste dal Codice, ossia un accordo a efficacia estesa (idoneo a estendere i propri effetti coattivamente ai creditori non aderenti qualora ottenga un’adesione almeno pari al 75% del debito complessivo) o un accordo agevolato (che, a determinate condizioni, può essere raggiunto anche solo con i creditori che rappresentino almeno il 30% dei crediti);

f) un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, il quale costituisce un nuovo strumento, utilizzabile solo come sbocco della composizione negoziata, in cui non è prevista alcuna percentuale minima di soddisfazione per i creditori, né un’attestazione, né il deposito di un fondo spese, né la votazione dei creditori, né un giudizio di ammissione, né la nomina del commissario e del giudice delegato.

Da quanto sopra si comprende agevolmente come il Legislatore abbia certamente voluto porre al centro del risanamento aziendale l’autonomia privata nella scelta del rimedio alla crisi, e la negoziazione (più o meno estesa) con i ceti creditori.

 

Fonte: sole24ore 17/09/2022

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