Nostro articolo su Brescia&Futuro Dicembre 2022 – AL VIA IL NUOVO CODICE DELLA CRISI !
Anche
quest’anno, presso il Villa Fenaroli Palace Hotel di Rezzato, si è svolto
l’autorevole convegno sulla crisi d’impresa organizzato dall’Ordine dei Dottori
Commercialisti ed Esperti Contabili di Brescia, con il patrocinio della Camera
di Commercio e dell’Università degli studi di Brescia.
Giunto alla sua
32esima edizione, l’evento è diventato un appuntamento immancabile per tutti
gli operatori del settore, in quanto ospita come relatori i maggiori esperti a
livello nazionale tra magistrati, docenti, e professionisti. A portare i saluti
istituzionali il Commissario Straordinario ODCEC di Brescia Dott. Vittorio
Quadrio, il Vice Presidente Nazionale dei Commercialisti Dott. Michele De
Tavonatti, il Presidente CCIAA di Brescia Ing. Roberto Saccone, il Magnifico
Rettore Prof. Maurizio Tira, nonché il main sponsor Banca BPER.
Il titolo di
questa edizione è stato “La crisi d’impresa: le prospettive della riforma e il
punto sulla gestione quotidiana”. Argomento più che mai attuale, considerato
che pochi mesi fa – per la precisione il 15 Luglio 2022 – è diventato
pienamente operativo il Nuovo Codice Unico della Crisi d’impresa.
Un codice sicuramente
completo, che mette ordine all’interno della caotica normativa sulla crisi
d’impresa, stabilendo con precisione procedure e ruoli. Un Codice però – al
tempo stesso – piuttosto confuso, di difficile lettura e consultazione. Basti
pensare al fatto che la quasi totalità degli articoli presentano rimandi, senza
trattare compiutamente l’argomento.
Al di là degli
aspetti formali, resta il fatto che questo codice è protagonista indiscusso in
una riforma di portata epocale, cominciata ben 7 anni fa e poi “aggiustata” –
cammin facendo – con l’obiettivo di fungere da antidoto al tremendo uragano
economico innescato dal COVID e poi recentemente inasprito dalla crisi
energetica del conflitto Russo-Ucraino.
Tra le modifiche
ideologiche di maggior portata vi è un approccio meno “severo” nei confronti
dell’imprenditore in cattive acque: quella parte della riforma che prevedeva
segnalazioni d’allerta per le imprese in difficoltà, è stata messa nella
“soffitta” del Legislatore, e è destinata a non entrare mai in vigore.
Al suo posto
troviamo la composizione negoziata, uno strumento più soft , che l’imprenditore in difficoltà può (in via facoltativa)
scegliere di utilizzare o meno, ma che finora ha avuto uno scarso appeal, complice la corposa
documentazione obbligatoria da predisporre, e le pesanti responsabilità in capo
al professionista esperto negoziatore. E poiché anche le parole hanno il loro
peso, la riforma cancella definitivamente il termine “fallimento”, quasi come a
voler rassicurare gli imprenditori che – alla peggio – non vedranno comunque
mai più quel “marchio d’infamia” abbattersi sul nome della loro azienda.
Analizzando
quelli che sono gli obiettivi principali della riforma, risulta abbastanza
chiaro che il Legislatore è essenzialmente focalizzato su due aspetti: salvaguardare
la continuità dell’impresa e tutelare i posti di lavoro.
Per tale ragione
il nuovo Codice penalizza (forse in maniera un po’ troppo severa) l’istituto
del concordato preventivo liquidatorio, al quale sono stati appioppati i due
stringenti requisiti della finanza esterna e del pagamento minimo obbligatorio
ai chirografari.
Di contro, il concordato
preventivo in continuità viene ampiamente promosso ed incentivato, addirittura
prevedendo che i flussi della continuità possano essere distribuiti senza
rispettare le cause legittime di prelazione.
Anche se appare un po’ troppo ottimistico dare per scontato che
un’azienda in crisi ossa produrre flussi da continuità, atteso che
statisticamente – in aziende di questo tipo – gli utili sono inesistenti o
molto risicati.
Ad ogni modo, nella
ottimistica testa del nostro Legislatore, il mezzo migliore per salvaguardare
la continuità è “fare prevenzione” (parola chiave attorno a cui ruota buona parte
di questa nuova normativa): in altre parole, intervenire tempestivamente per
risolvere le difficoltà quando ancora sono ad uno stadio “gestibile”, ed
evitare così che sul mercato continuino a stare (come è spesso successo negli
ultimi anni) aziende “cotte e decotte”. Tali
aziende devono quindi: o risanarsi, o uscire dallo scenario economico.
Stride tuttavia
col concetto di prevenzione il fatto che una società – pur essendo soggetta a
liquidazione giudiziale superati 200 mila euro di ricavi – non sia obbligata
alla nomina dell’organo di controllo se i ricavi sono inferiori a 2 milioni di
euro. E, quand’anche superata tale soglia, la società sia libera di nominare
alternativamente organo di controllo o revisore, nonostante il secondo – non
partecipando ai CDA e intervenendo “a cose fatte” – abbia poteri di prevenzione
sostanzialmente nulli.
Il Codice
interviene anche su un tema alquanto delicato, ovvero i rapporti tra mondo
imprenditoriale e mondo bancario. Il
Nuovo Codice prevede infatti procedure anti-credit crunch nelle quali le
banche dovranno (per legge) essere collaborative nella contrattazione con
l’azienda in difficoltà, e non potranno – solo per il fatto che l’azienda opta
per uno di questi strumenti normativi – “chiudere i rubinetti” del credito e
abbandonare l’imprenditore. Al tempo stesso, dovranno fare più attenzione a non
erogare credito in maniera imprudente, perché in caso contrario potrebbero
andare incontro a penalizzazioni.
Ad essere
bacchettate non sono solo le banche, ma – a quanto pare – anche Fisco ed Enti
Previdenziali: la nuova norma prevede infatti che se questi enti – in maniera
ingiustificata – ostacolano le procedure di risanamento aziendale o non
collaborano al loro regolare svolgimento (in altre parole fanno ostruzionismo o
semplicemente “dormono”) il Giudice potrà sostanzialmente ignorare la loro
posizione e validare ugualmente il piano di restructuring. Una misura – questa – fortemente voluta dagli
imprenditori per dare una “svegliata” alla sonnacchiosa macchina burocratica
degli uffici pubblici italiani, troppe volte responsabili di irragionevoli
lungaggini e conseguenti danni alle imprese.
E siccome il
nostro tessuto economico non è fatto solamente di grosse aziende (tutt’altro!)
vale la pena sottolineare quanto questa riforma sia particolarmente attenta
anche “ai più piccoli”, ovvero a quel fitto ecosistema di microattività che
costituisce , ricordiamolo, anche buona parte del nostro tessuto sociale.
La riforma ha
quindi tra i suoi obiettivi anche quello di facilitare e accelerare – tramite le
note procedure di sovraindebitamento – la cancellazione dei debiti per i
soggetti più vulnerabili: artigiani, commercianti, piccole aziende agricole,
privati consumatori e famiglie.
Poiché storicamente questo
convegno è anche l’occasione per trascorrere insieme momenti conviviali, non è
mancata – a fine giornata – la tradizionale cena per ospiti e relatori nella
splendida cornice di Villa Fenaroli.
I lavori congressuali sono
proseguiti nella mattinata di sabato con due sessioni dedicate ad approfondire
soprattutto la normativa penale, i relativi profili di responsabilità, e le
ipotesi di riforma all’orizzonte. Argomento da non sottovalutare, considerato
che – come ormai il passato ci insegna – le attività criminali (specialmente
organizzate) tendono a crescere e proliferare in situazioni di crisi economica
e sociale. E’ quindi assolutamente cruciale “presidiare” questi nuovi strumenti
di uscita dalla crisi attraverso un monitoraggio efficace da parte delle
Procure, altrimenti si rischierà di assistere (come già accaduto) ad abusi e
utilizzi distorti rispetto alle “buone intenzioni” del Legislatore.