Composizione negoziata: 3 “insidie fiscali” da conoscere
Dopo
dieci mesi dalla sua entrata in vigore, la composizione negoziata della crisi
(articolo dal 12 al 25-quinquies del Codice della crisi) mostra dati che
definire deludenti è un eufemismo: le istanze di accesso presentate sono state
solo 376, di cui peraltro buona parte non andate a buon fine.
La
ragione di ciò è legata anche a 3 grosse lacune fiscali rilevabili dalla
lettura norma, e di cui gli operatori del settore è opportuno prendano buona
nota prima di consigliare tale procedura a qualche potenziale cliente:
PRIMA
Le
imprese in crisi hanno normalmente rilevanti debiti fiscali e previdenziali, ma
la composizione negoziata non consente di formulare una proposta di transazione
fiscale e contributiva. Così non è possibile ottenere una falcidia dei debiti
erariali che vada oltre la mera riduzione di sanzioni e interessi, né una dilazione
di pagamento superiore a sei anni; né è possibile ottenere alcun tipo di
beneficio relativamente ai debiti previdenziali e assicurativi.
Conseguentemente, spesso la composizione negoziata è destinata a rivelarsi uno
strumento inadatto e talvolta può rivelarsi persino abusivo.
SECONDA
Sulla
cessione di azienda autorizzata dal tribunale, l’articolo 22 del Codice esclude
nei confronti dell’acquirente dell’azienda gli effetti (e dunque le
responsabilità) di cui al comma 2 dell’articolo 2560 del Codice civile, ma non
quelle previste dai commi 1 e 2 dell’articolo 14 del Dlgs 472/1997, a norma del
quale il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle
sanzioni riferibili alle violazioni commesse dal cedente nell’anno della
cessione e nei due precedenti. Inoltre, non costituendo la composizione
negoziata una procedura concorsuale e non essendo essa menzionata nel comma
5-bis del decreto, non si applica l’esclusione delle responsabilità di cui
stabilita da quest’ultima norma.
TERZA
Le
norme sulla composizione negoziata non richiamano l’articolo 26 del Dpr
633/1972 che, a seguito del mancato incasso di crediti verso imprese in crisi,
consente al creditore di recuperare l’IVA non percepita se il debitore ha fatto
ricorso a vari istituti di regolazione della crisi; tale recupero non è quindi
consentito, penalizzando i creditori.
Fonte:
sole24ore 29/09/2022
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