Spa e Srl, il valore liquidato agli eredi del socio non entra in successione
La liquidazione degli eredi del socio defunto di Srl o di Spa, in
dipendenza di una clausola statutaria che consenta tale liquidazione, non ha
nulla a che fare con la dichiarazione di successione, in quanto quest’ultima
concerne la trasmissione mortis causa mentre la liquidazione degli eredi è una
vicenda tra vivi.
Un esempio pratico aiuterà a chiarire il concetto.
Ipotizziamo che gli eredi abbiano diritto a ottenere, a titolo di
liquidazione della quota del defunto, una somma (poniamo 200) di valore superiore
all’importo (poniamo 80) indicato nella dichiarazione di successione come
valore “fiscale” di tale quota.
Ebbene, gli eredi non hanno alcun obbligo di dichiarare fiscalmente un
valore di 200 ai fini della successione, né la società liquidante può pretendere
che lo facciano.
Questo è quanto l’agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito in sede di
interpello (giugno 2022). In tal caso i soci superstiti, avvalendosi di una
clausola statutaria che consentiva di impedire agli eredi del socio defunto di
far parte della società, avevano esercitato l’opzione di liquidare la quota
agli eredi.
Quando vi è (come molto frequentemente accade) nello statuto di una Spa o
di una Srl una clausola del genere, l’accettazione dell’eredità da parte degli
eredi provoca che i successori del socio defunto diventano titolari della quota
di partecipazione al capitale sociale che al defunto apparteneva (Cassazione
345/2010), a meno che i soci superstiti abbiano esercitato la facoltà di
liquidare gli eredi del socio defunto anteriormente all’accettazione
dell’eredità.
Se, dunque, la facoltà di liquidazione viene esercitata (prima o dopo
l’acquisto della quota da parte dei successori del socio defunto), si verifica
la loro mancata entrata nella compagine societaria o la loro fuoriuscita da
tale compagine e la maturazione, in capo a essi, di un credito pari al valore
della quota del defunto.
Tale valore ben può essere superiore al valore della quota stessa da
indicare nella dichiarazione di successione, in quanto la legge (articolo 16
del Dlgs 346/1990) prescrive che il valore imponibile dell’imposta di
successione è pari a quello del patrimonio netto contabile (e, quindi, al netto
degli ammortamenti e, di regola, senza tener conto dell’avviamento),
considerato pro-quota in ragione dell’entità della quota di partecipazione al
capitale sociale che era di titolarità del defunto.
Fonte: sole24ore 29/06/2022
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