Bancarotta più dura da dimostrare: i paletti della Cassazione
La Cassazione
riduce le ipotesi in cui sussiste la responsabilità penale dell’imprenditore
che ha condotto la sua azienda al dissesto. Diverse sentenze emesse poche
settimane fa in tema di bancarotta, oltre a ribadire principi già affermati,
esaminano con particolare rigore le condizioni che fanno scattare il reato.
Affinchè vi sia bancarotta non basta la mala gestio dell’impresa poi
dichiarata fallita: vanno dimostrate condotte specifiche volte a ritardare il
fallimento o ad arrecare pregiudizio ai creditori.
Nelle condotte
di depauperamento del patrimonio aziendale vanno distinte quelle riconducibili
alla bancarotta semplice da quelle proprie della bancarotta fraudolenta. Nel
primo e meno grave reato, rientrano le operazioni realizzate dall’imprenditore
solo per ritardare il fallimento (con alto grado di rischio e limitate
possibilità di successo) o quelle gravemente imprudenti. In tali casi, oltre
alla verifica dell’avventatezza delle operazioni, va dimostrata la
consapevolezza della situazione di dissesto. In merito alla
sottocapitalizzazione di una società, la Cassazione ha precisato che essa non
può essere indice esclusivo di dissesto. La sottocapitalizzazione è una
situazione di carenza di mezzi propri rispetto al livello necessario per
perseguire gli obiettivi aziendali. Può rendere più probabile l’incapacità di
onorare i propri debiti ma non coincide di per sé con la condizione di grave
crisi finanziaria che fa da presupposto alla bancarotta e che non può darsi per
dimostrata per il solo dato della sottocapitalizzazione.
Nella bancarotta
fraudolenta, invece, secondo i giudici di legittimità, è necessario che venga
provata la finalità di profitto per sè o per altri o l’intenzione di arrecare
pregiudizio ai creditori.
Fonte: sole24ore
31/01/2022
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