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La composizione negoziata può “paralizzare” gli istituti di credito

Con la composizione negoziata può essere concessa la misura cautelare atipica della sospensione di contratti bancari di affidamento e di finanziamento su fatture con divieto di estinguere la posizione creditoria, se la cautela richiesta è strumentale alle trattative, al risanamento e di riflesso alla tutela dei creditori. Rispetto a questi obiettivi è infatti recessivo l’interesse particolare del singolo istituto di credito rispetto alla ristrutturazione del debito, alla tutela della continuità dell’impresa e alle prerogative del ceto creditorio.

A questa soluzione giunge il Tribunale di Parma. Nella fattispecie, il debitore aveva richiesto la conferma delle misure protettive sulla base di un progetto di piano, regolarmente verificato dall’esperto con parere favorevole. In altre parole trattavasi di piano serio e non meramente dilatorio.

Il giudice ha quindi bloccato le azioni esecutive, con la motivazione che le trattative risulterebbero pregiudicate se i creditori potessero agire individualmente nei confronti della società. E in tal modo infatti si precluderebbe il risanamento.

Ma veniamo al punto focale. Il ricorrente ha richiesto contestualmente la sospensione dei contratti di affidamento anticipo fatture e il conseguente divieto dell’istituto di credito di estinguere la posizione.

Si tratta delle cosiddette misure cautelari atipiche che l’esperto aveva indicato meritevoli di accoglimento perché eventuali operazioni di rientro dell’esposizione altererebbero la base dati del piano in corso di elaborazione che prevedeva il divieto di compensazione delle linee autoliquidanti. La cautela si rendeva utile anche per la conduzione delle trattative con il ceto bancario, potenzialmente condizionate dalla minaccia di un rientro delle esposizioni. Il tribunale ha accolto la richiesta confermando le misure protettive e le misure cautelari per 120 giorni emanando il divieto di estinzione degli affidamenti e dei finanziamenti in corso.

Il provvedimento appare rilevante perché il divieto di revocare gli affidamenti è già previsto espressamente dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La disposizione stabilisce infatti che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisca di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.

E’ anche vero che le banche non hanno l’obbligo di motivare il recesso dalle linee di finanziamento in corso e risulterebbe assai complesso contrastare un’eventuale interruzione delle facilitazioni di credito successive alla composizione negoziata. Come si farebbe infatti a dimostrare che la banca ha “chiuso i rubinetti” proprio a causa della composizione negoziata ?

Rimane il fatto che la chiusura delle linee di credito sarebbe catastrofica per la continuità perché la delicata situazione finanziaria del debitore ne risulterebbe compromessa. Altra complicazione è capire come questo divieto si concilia con il principio generale del divieto di imporre l’erogazione del credito e con la normativa di vigilanza che impone di valutare il merito creditizio: non a caso il nuovo Codice della Crisi ammette la revoca degli affidamenti se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con una comunicazione dell’istituto che deve dare conto delle ragioni della decisione assunta.


Fonte: sole24ore 23/08/2022

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