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Business Judgement Rule: ecco i due principi cardine

Le perdite derivanti da un insuccesso imprenditoriale sono fonte di responsabilità degli amministratori solo se le decisioni gestionali non siano state adottate diligentemente, vale a dire con il corredo di tutte le cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente occorrenti per compiere decisioni di quel tipo.

È questo il principio (ampiamente ribadito dalla Cassazione) cui sinteticamente ci si riferisce con l’espressione Business judgment rule, in acronimo BJR.

In sostanza, il giudizio su un’operazione imprenditoriale (la quale ha una naturale rischiosità) non va dato ex post, perché in tal modo si finirebbe per sindacare il merito delle decisioni gestionali, ma va formulato ex ante, osservando se l’insuccesso dipenda, o meno, da decisioni connotate da mancanza di correttezza, prudenza e perizia. In sostanza, occorre porsi nella stessa visuale in cui gli amministratori si sono posti prima di compiere l’operazione rivelatasi perdente e ritenere l’amministratore responsabile del danno provocato solo quando si accerti l’avvenuta omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni che sono da ritenersi normalmente necessarie per assumere scelte gestionali di un dato tipo in date circostanze.

In particolare vi sono due principi cardine a cui la BJR è ancorata: il primo principio è che gli amministratori sono responsabili per le perdite derivanti da un insuccesso imprenditoriale solo se le decisioni gestionali non sono state adottate diligentemente e cioè con tutte le cautele, le verifiche e le informazioni preventive necessarie.

Il secondo principio attiene all’insindacabilità della scelta.  La scelta gestionale è insindacabile solo se è stata legittimamente compiuta (la violazione di regole rende di per sé l’operazione illecita e determina responsabilità) e non è irrazionale (sussistono cioè ragioni in base alle quali la scelta compiuta è stata preferita ad altre)

Fonte: Italia Oggi 28/03/2022

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